OPERATION: WAKE UP

Sareste disposti ad entrare nella mente di un’artista? E se questo artista avesse problemi di autostima, di droga e alcool che lo rendono instabile, vorreste ancora vedere cosa passa nella sua testa? A prescindere dalla risposta data ci sono artisti che ci permettono di entrare in contatto con i loro pensieri più reconditi, aprendosi al pubblico come fossero dei confidenti e consegnando alla storia opere estremamente personali nelle quali qualcuno può riconoscersi, anche se con le dovute differenze. Di questi artisti non ce ne sono molti, la maggior parte di questi, ed il riferimento a Cranio Randagio, XXXTENTACION e Lil Peep è chiaramente voluto, sono andati via prima del dovuto lasciando il loro pubblico spiazzato e solo, ma dando alla storia della musica dei veri e propri testamenti che li consegneranno alla storia. Un altro artista di questa categoria è senza dubbio Mike Posner, famosissimo scrittore di canzoni nato a Detroit, che dopo aver scritto per i più famosi Justin Bieber, Jessie J, Snoop Dogg e molti altri, ha deciso di intraprendere a tempo pieno, tra alti e bassi, una carriera parallela da solista. La principale caratteristica del Mike Posner cantante è sicuramente quella di spaziare tra molti generi ed è per questo motivo che dopo aver iniziato con il rap, pur essendo ora prevalentemente un performer da ‘chitarra e voce’, la sua canzone più famosa è “I took a pill in Ibiza RMX” che ha sonorità decisamente più House. La dicotomia cantautore/ghost writer ha sempre tormentato Mike Posner, tanto che anche in album più vecchi ha sempre tenuto a precisare che fosse colui che scriveva le canzoni agli artisti più famosi, quasi a voler attirare una fetta del loro pubblico. Nel suo nuovo album, uscito il 18 dicembre 2020, Mike decide di farci fare un viaggio all’interno della sua vita e della sua mente, che appare stanca e stufa della vita. Il disco inizia con la solita introduzione, ormai immancabile nei suoi album, dove avvisa l’ascoltatore che sta iniziando una vera e propria storia, all’interno della quale ci sono personaggi fittizi (ma è facile accorgersi che proprio così non è) e che fanno parte di una sua costruzione mentale. Il viaggio musicale è tutto da vivere, si alternano dei testi perlopiù simili a conversazioni con brani che sono definibili vere e proprie canzoni ed ognuno di essi racconta un momento della folle ed altrettanto geniale mente di Posner. Com’è facile immaginare l’album non ha un genere di riferimento, ci sono influenze di tutti i tipi, dal pop al cantautorato più classico, fino al rap, suo genere di partenza e presente in molte strofe, in maniera più classica ed anche orientato verso lo stile di rap adattato al pop. Descrivere a parole un’esperienza del genere è però difficile e sarebbe anche riduttiva, bisogna viverla con la consapevolezza che non si sta ascoltando un semplice album musicale del primo artista che capita aprendo la home di Spotify, ma l’opera di un professionista che quasi gioca con i suoni e che tramite i semplici auricolari riesce a trasmettere in maniera chiara le sensazioni che descrive nei suoi testi, come fa in maniera eccellente in “High & Low” dove sembra che sia l’ascoltatore sotto gli effetti dell’LSD e non l’artista. Operation: Wake up è il testamento che il vecchio Mike Posner, ed è emblematico il finale del disco, dove dopo essersi puntato una pistola alla gola, spara ed inizia la cosiddetta “operazione risveglio”, lascia a colui che arriverà al suo posto, un album che è più di un semplice disco mainstream, un’esperienza sensoriale che ci permette di viaggiare all’interno della mente dell’artista, disorientato e abbattuto dalle disgrazie dell’esser tale, proprio come una di quelle persone che anziché vivere la vita come fosse un dono la vivono come una disgrazia, dimostrando che la mente umana, specialmente quella degli artisti, è spesso fragile, imprevedibile e molto, molto strana.